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Servizio Speciale
di ANTONIO LUBRANO & MICHELE LUBRANO
Con Fotoricerca
di GIOVAN GIUSEPPE LUBRANO
Fotoreporter
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SOLO FAMOSE CANZONI E TEATRO POPOLARE CELEBRANO IL CAFFE’ FRA GUSTO ED EMOZIONI – LA CANZONE SIMBOLO “A TAZZA ‘E CAFE’” DEL 1918 /
“MA CU STI MODE, OJE BRÍGGETA, TAZZA ‘E CAFÉ PARITE: SOTTO TENITE ‘O ZZUCCARO, E ‘NCOPPA, AMARA SITE… MA I’ TANTO CH’AGGI”A VUTÁ, E TANTO CH’AGGI”A GIRÁ… CA ‘O DDOCE ‘E SOTT”A TAZZA,FIN’A ‘MMOCCA MM’HA DA ARRIVÁ!” – ‘A TAZZA ‘E CAFÈ È UNA CANZONE NAPOLETANA, SCRITTA DA GIUSEPPE CAPALDO E MUSICATA DA VITTORIO FASSONE. LA STORIA NARRA DI COME GIUSEPPE CAPALDO, GIÀ AUTORE DELLA FORTUNATISSIMA CANZONE COMME FACETTE MAMMETA, LAVORASSE COME CAMERIERE NEL CAFFÈ PORTORICCO IN VIA GUGLIELMO SANFELICE AL CENTRO DI NAPOLI. LA CASSIERA DEL LOCALE, AVVENENTE MA DAL CARATTERE ASSAI SCONTROSO, SI CHIAMAVA BRIGIDA E DA LEI ERANO ATTRATTI MOLTI UOMINI. TRA QUESTI VI ERA IL GIOVANE CAPALDO, CHE COMPOSE I VERSI DELLA CANZONE NEL 1918. IN SEGUITO CHIESE AL CAVALIER VITTORIO FASSONE, APPASSIONATO DI CANZONI NAPOLETANE E COMPOSITORE DILETTANTE, DI SCRIVERNE LA MUSICA. LA CANZONE EBBE UN SUCCESSO STREPITOSO E DURATURO, VENENDO CANTATA E INCISA DA MOLTI ARTISTI, TRA I QUALI FIGURANO ROBERTO MUROLO, MARIA PARIS, CLAUDIO VILLA, BRUNO VENTURINI, L’ORCHESTRA ITALIANA DI RENZO ARBORE, MILVA E GABRIELLA FERRI.- LA TAZZA DI CAFFE’ ISCHITANO IN UN ARTISTICA ILLUSTRAZIONE DELLA PITTRICE FORIANA ANGELA IMPAGLIAZZO
I tipi di caffè: Dal caffè espresso al caffè ristretto,dal caffè americano al caffè sospeso, dal caffè lungo al caffè macchiato fino al caffè corretto
GLI ARTISTI DEL CAFFE’ CHE LO HANNO ONORATO E CANTATO: EDUARDO DE FILIPPO: “ACCIDENTI, QUESTO SI CHE E’ UN CAFFE’”- FABRIZIO DE ANDRE’: “AH CHE BELL’ ‘O CAFE’ CHE SULO A NAPULE SANNO FA”
DI MICHELE LUBRANO
La fantasia dei bevitori di caffè, napoletani e ischitani e non solo include nel suo identitario i vari tipi di caffè, che vanno dal caffè espresso, detto anche «caffè normale» al caffè corto o ristretto Quest’ ultimo è un espresso molto ridotto, talvolta fino a poche gocce soltanto. Il caffè preparato in questo modo esprime al massimo l’aroma della bevanda e ha un contenuto di caffeina molto basso. Poi c’ è il caffè lungo, che è ottenuto con le macchine espresso facendo defluire più acqua del solito. Un caffè lungo, sebbene sia meno concentrato, contiene più caffeina di quello normale, e ancor più di quello ristretto, proprio perché la stessa quantità di posa di caffè viene «sfruttata» in misura maggiore. Il Caffè americano o semplicemente americano, il quale è un espresso allungato con acqua. Inoltre il caffè macchiato, che si ottiene aggiungendo al caffè una «macchia» (ovvero una piccola quantità) di latte o, seppur meno diffusa, di panna.Ancora il caffè schiumato, che è un tipo di caffè macchiato in cui il latte aggiunto è caldo e spumoso. Ancora il caffè corretto, che si ottiene dall’aggiunta al caffè espresso di grappa, anice o altro alcolico o superalcolico. Poi il caffè freddo, un semplice caffè ma servito dopo essere stato raffreddato in frigo (solitamente servito d’estate). Infine il caffè sospeso che lo è quando dal cliente generoso è pagato due volte per consentire a chi non se lo può permettere, passando per il bar, di riceverlo gratis. Ma il caffè entra nel teatro da protagonista ancor più del suo cantore. ll grande Eduardo De Filippo nella sua commedia ‘Questi Fantasmi’, interpreta lo squattrinato Pasquale Lojacono Tra gli indimenticabili monologhi della commedia in tre atti c’è quello sul caffè sul balcone, rivolto al dirimpettaio Professore , che è entrato di diritto nella storia del nostro teatro.“Professore, esordisce Eduardo, il caffè è pronto. Ne volete un po’… Accidenti, tutto compiaciuto Eduardo, questo si che é un caffè… Vedete quanto ci vuole poco per rendere felice un uomo: una tazzina di caffè presa, tranquillamente, qui fuori… con un simpatico dirimpettaio… ;perché voi siete simpatico, professore… Adesso mezza tazzina la conservo, e me la bevo tra una sigaretta e l’altra…A noialtri italiani, toglieteci tutto ma questo poco di riposo in terrazza… Io, per esempio, a tutto rinuncerei tranne a questa tazzina di caffè, presa tranquillamente qua, fuori in terrazza, dopo quell’oretta di sonno che uno si fa dopo mangiato. Però il caffè me lo devo fare io stesso, con le mie mani. Questa è una macchinetta per quattro tazze, ma se ne possono ricavare anche sei, e, se le tazze sono piccole, anche otto… quando vengono gli amici… d’altra parte il caffè costa così caro…Sul becco io ci metto questo coppitello di carta… Pare niente, questo coppitello, ma ci ha la sua funzione… E già, perché il fumo denso del primo caffè che scorre, che poi è il più carico, non si disperde. Come pure, professo’, prima di colare l’acqua, che bisogna farla bollire per tre o quattro minuti, per lo meno, prima di colarla, vi dicevo, nella parte interna della capsula bucherellata, bisogna cospargervi mezzo cucchiaino di polvere appena macinata. Un piccolo segreto! In modo che, nel momento della colata, l’acqua, in pieno bollore, già si aromatizza per conto suo. Professo’, voi pure vi divertite qualche volta, perché, spesso, vi vedo fuori al vostro balcone a fare la stessa funzione. E io pure. Anzi, siccome, come vi ho detto, mia moglie non collabora, me lo tosto da me. Pure voi, professo’?… E fate bene… Perché, quella, poi, è la cosa più difficile: indovinare il punto giusto di cottura, il colore… A manto di monaco…” La canzone di Frabrizia DE Andrè è un altro omaggio al caffè. l brigadiere Pasquale Cafiero chiede piaceri a don Raffaè: gli chiede il cappotto per un matrimonio, gli chiede un posto di lavoro per il fratello. E al centro di tutto c’è il caffè, l’ottimo caffè «Che sulo a Napule sanno fa» (che solo a Napoli sanno fare), verso chiaramente ripreso dal brano ‘O ccafè di Domenico Modugno Il testo in dialetto napoletano della canzone sul Caffè cantata da Fabrizio De Andre’– Io mi chiamo Pasquale Cafiero / E son brigadiero del carcere oiné / Io mi chiamo Cafiero Pasquale / E sto a Poggio Reale dal cinquantatré / E al centesimo catenaccio / Alla sera mi sento uno straccio / Per fortuna che al braccio speciale / C’è un uomo geniale che parla co’ me /Tutto il giorno con quattro infamoni / Briganti, papponi, cornuti e lacchè / Tutte l’ore co’ ‘sta fetenzia / Che sputa minaccia e s’a piglia co’ me / Ma alla fine m’assetto papale /Mi sbottono e mi leggo ‘o giornale / Mi consiglio con don Raffae’ / Mi spiega che penso e bevimm’ ‘o café / Ah che bell’ ‘o café / Pure in carcere ‘o sanno fa / Co’ a ricetta ch’a Ciccirinella / Compagno di cella /Ci ha dato mammà”
DI ANTONIO LUBRANO
Da nove anni esistono le Giornate Internazionali del Caffè. Sono due e ricorrono il 24 maggio e il 14 novembre in due date distinte e significative. Fino ad oggi sull’isola nessuno se ne è accorto o che pur sapendolo, l’hanno sistematicamente snobbate. Perché ? Non ne conosciamo i motivi. Ma vediamo cosa è questa ricorrenza dedicata al caffè. La Giornata internazionale del caffè (International Coffee Day) oggi, è la festa che celebra in ogni paese del mondo non solo la bontà di questa nera bevanda, ma tutta la filiera produttiva che permette di fare arrivare il caffè nelle nostre case e nei nostri bar preferiti. Dai produttori nelle piantagioni dei paesi tropicali, passando per i tostatori, fino ad arrivare ai baristi e a chi lavora a contatto con il consumatore. La Giornata internazionale del caffè è nata per dare valore al loro lavoro, spesso sottopagato e poco apprezzato. La data di nascita di questa festa è abbastanza recente: la prima data ufficiale è stata quella del 24 maggio 2015,poi è stata aggiunta quella del 14 novembre, come concordato dall’International Coffee Organization, e fu lanciata a Milano con una serie di eventi dedicati al mondo del caffè durante Expo 2015. Avendolo qui segnalato è possibile che gli ischitani, trascurando la ricorrenza di maggio possano organizzarsi e dare valore alla giornata particolare di festa dedicata il loro caffè che tanto preferiscono. Per ora ci piace parlare della sua storia isolana. Dagli anni ’20 in avanti, tanto per non andare troppo indietro nel tempo, erano poche le famiglie sull’isola che disponessero in casa del caffè, quello da macinare s’intende. L’ uso corrente era dell’orzo più alla portata delle finanze del nucleo familiare locale. Del tè, che rappresentava un lusso, manco a parlarne, sostituito però dalla camomilla, e nell’occasione eccezionale della festa, sia essa del santo patrono, della prima comunione o di altra ricorrenza festiva particolare , in tavola per la colazione del mattino compariva per la gioia dei bambini e non solo, la tazza di cioccolata. Il caffè se lo concedevano quelle poche famiglie benestanti del centro: del medico, del farmacista, del prete, del notaio, del commerciante e di qualche altro notabile del paese. Qualche scatola di caffè macinato arrivava nelle case degli ischitani solo quando l’uomo di famiglia, marittimo (padre o figlio) imbarcato sui transatlantici per l’America, di ritorno a casa dopo il primo imbarco, portava con sé una scorta di caffè conosciuto ed acquistato a buon prezzo e a volte anche alla borsa nera, nei porti di Boston e New York. Il gusto e l’abitudine al caffè sono arrivati dopo, verso gli anni ’30 e ’40, quando a Ischia sono giunte le prima macchine per il cosiddetto caffè espresso. A quel tempo Napoli faceva scuola e la nostra isola assimilò in fretta,tanto che i pochi bar di Ischia Ponte, Porto d’Ischia e Casamicciola non solo si dotarono della “moderna” macchina dalla quale usciva il caffè bollente in tazzina, ma diventarono tutti Bar- Caffè o semplicemente Caffè di fronte al pubblico che ne apprezzava la novità. Il primo ad installare la macchia del caffè nel proprio locale ubicato a Ischia Ponte di fronte alla chiesa cattedrale, fu il maresciallo Vezzuti, detto poi “sciacqua tazze”, con le sue parenti le sorelle De Luca dette “Fiurinde”, che significa “fiorite”, un soprannome dialettizzato e dovuto alla loro prima giovinezza, successivamente diventate “signorine” mature molto note in zona per la gentilezza e l’impegno con cui gestivano lo storico Bar Caffè peraltro molto frequentato dai corrieri e da quegli ischitani che di primo mattino si recavano a Napoli per commissioni e spese speciali. Sostare sulla via dell’imbarco con le vecchie motobarche “Ondina” e “Rondine” e con la motonave “Vittoria”,al Caffè di “Fiurinda” in Via Luigi Mazzella per gustare il primo caffè della giornata, era diventato quasi per tutti un rituale irrinunciabile. Altri bar aprirono i battenti nei successivi venti anni come il Bar Pilato, il Bar Ischia di Emilio Di Meglio e Bebè Lauro, il Bar Cocò Gelo, il Bar Castello dei fratelli Carlo e Giovan Giuseppe Curci nel Centro Storico tutti con la nuova macchina per il caffè. Poi fu la volta del Bar Vittoria, Bar Diaz, Bar Minicucci, Bar Gino, Bar Italia,Bar Diana, Bar Grottino, Bar Dolce Sosta, Bar Enea, Bar dell’800, Bar Rispoli. Negli altri comuni dell’isola i Bar-Caffè in particolare al centro, aprirono l’uno dopo l’altro con discreti profitti, specie a Forio dove sul corso si distinse l’apertura del Bar denominato della famiglia Regine,“il Re del Caffè”. Dagli anni ’60 in avanti sono sorti sull’isola una marea di altri bar-caffè della cosiddetta era moderna, arricchendo un settore che per evolversi sempre di più, non si è fermato alla presenza consolidata delle sole attività storiche della categoria. Il caffè innanzitutto, come principale punto di riferimento delle attività di ristoro, è considerato sull’ isola, a Napoli, in tutta Italia e nel mondo intero la bevanda più amata e consumata di tutti i tempi. La sua universale esplosione ha reso impossibile la conta delle tazzine di caffè che si consumano sul pianeta. Sull’isola d’Ischia annualmente, nei bar e nelle abitazionI il calcolo è a milioni. Indicativamente, i maggiori produttori mondiali di caffè sono, nell’ordine, il Brasile, il Vietnam, la Colombia e l’Indonesia. Seguono, con ordine variabile secondo le annate, Messico, Guatemala, Honduras, Nicaragua, El Salvador, Etiopia, India, Ecuador. Storia e leggenda del caffè sulla base di una ricerca che va presa con rispetto. Fino al XIX secolo non era certo quale fosse il luogo di origine della pianta del caffè e, oltre all’Etiopia, si ipotizzava la Persia e lo Yemen. Pellegrino Artusi, nel suo celebre manuale La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, sostiene che il miglior caffè sia quello di Mokha (città nello Yemen), e che questo sarebbe l’indizio per individuarne il luogo d’origine. Esistono molte leggende sull’origine del caffè. La più conosciuta parla di un pastore chiamato Kaldi che portava a pascolare le capre in Etiopia. Un giorno queste incontrando una pianta di caffè cominciarono a mangiarne le bacche e a masticarne le foglie. Arrivata la notte, le capre, anziché dormire, si misero a vagabondare con energia e vivacità mai espressa fino ad allora. Vedendo questo, il pastore ne individuò la ragione e abbrustolì i semi della pianta come quelli mangiati dal suo gregge, poi li macinò e ne fece un’infusione, ottenendo il caffè. Il mercato globale di settore consta di circa 90.000 milioni di dollari. Il Brasile, da solo, produce quasi un terzo del caffè nel mondo. Il suo raccolto medio si aggira sui 32 milioni di sacchi (un sacco equivale a 60 kg) con esportazioni intorno ai 27 milioni. Al Salone Internazionale del caffè sono stati presenti tutti i settori merceologici più importanti con un +12,4% di espositori rispetto alla precedente edizione. Il caffè rappresenta la coltivazione più importante nei Paesi in via di sviluppo: per oltre 20 milioni di coltivatori e le loro famiglie costituisce l’unica fonte reale di reddito. Una dozzina di piccoli paesi dell’Africa orientale, come ad esempio Uganda, Ruanda ed Etiopia, vedono proprio il caffè come principale prodotto di esportazione, più precisamente si può constatare come dipendano dal caffè per oltre metà delle loro esportazioni.
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Il Servizio Speciale