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Servizio Speciale

di ANTONIO LUBRANO & MICHELE LUBRANO

Con Fotoricerca

di GIOVAN GIUSEPPE LUBRANO

Fotoreporter

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COPPIE DI SPOSI AD ISCHIA DAGLI ANNI  ’30 AD  OGGI  E RICORDI STORICI  DI “SCUGNIZZI” ISCHTANI A CACCIA DELL’ULTIMO CONFETTO  SUI SAGRATI DELLE CHIESE ALL’ USCITA DEGLI  SPOSI E DEGLI INVITATI

NEL 2020 FINO ALLO SCORSO MESE DI SETTEMBRE 2024, SONO STATI CELEBRATI IN ITALIA 226.70 MATRIMONI, CON 6.300 IN MENO RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE. SULL’ISOLA D’ISCHIA I MATRIMONI LO SCORSO ANNO FINO AD OGGI, SONO STATI 198  DI CUI UNA TRENTINA  COL SOLO RITO CIVILE. PER LO PIÙ CI SI SPOSA SOTTO I 27 ANNI PER L’UOMO E SOTTO I 24 ANNI PER LA DONNA. DIMINUITI I MATRIMONI CON STRANIERI NON NATI SULL’ISOLA, SIA DA PARTE DELL’UOMO CHE DELLA DONNA. AUMENTATI I MATRIMONI FRA ISOLANI  DI PROVENIENZA DA COMUNE DIVERSO.  DALLO SCORSO ANNO FINO  AD OGGI 15 SONO STATI I MATRIMONI TRA PERSONE NON DI ISCHIA CHE HANNO SCELTO LA NOSTRA ISOLA PER CONVOLARE A NOZZE. CONTENUTO IL NUMERO DELLE SEPARAZIONI. INSOMMA IL QUADRO DI STABILITÀ DEI NOSTRI SPOSI È ABBASTANZA RASSICURANTE  E NON  PROMETTE IMPENNATE NEGATIVE. LA CHIESA DI ISCHIA  CON I SUOI INCONTRI, CONVEGNI, CAMMINI NELLA FEDE E NELLO SPIRITO E VISITE PASTORALI  ALLE PARROCCHIE DELL’ISOLA DEL  VESCOVO DI ISCHIA MONS. CARLO VILLANO RAPPRESENTA EVIDENTE PUNTO DI RIFERIMENTO  PER LA NOSTRA GIOVENTÙ CHE INTENDE  SEMPRE PIÙ CAMBIARE, APPRENDERE, MISURARSI

La Giarrettiera rimane l’indumento intimo a cui le spose sono ancora… affezionate

PASSATO DA INCUBO  PER LE SPOSE DELLA VECCHIA ISCHIA COSTRETTE A SEGUIRE   ANTICHE  CREDENZE, SUPERSTIZIONI  E  TRADIZIONI  “”IRRINUNCIABILI”   

Gli invitati alla di festa di nozze erano  tenuti a evitare il colore bianco per il loro abbigliamento, come erano  tenuti, per tradizione e per disgrazia , a evitare il nero qualora vi  fosse stato chi portando il lutto stretto, avrebbe fatto fatica a toglierlo in quel giorno particolare di festa. L’abito da sposa rosso (raro) era ed è considerato  segno di desiderio e passione

DI MICHELE LUBRANO

Nei primi del novecento, sull’Isola d’Ischia specie nell’entroterra, l’abbigliamento della sposa era oggetto di tradizioni, superstizioni e credenze, a partire dal colore: il più comune era ed è tutt’ora  il bianco, simbolo di purezza e ritenuto fortunato; il blu raramente usato, indicava sincerità da parte della sposa; il turchese lo si giudicava gradevole ed aristocratico; il verde timidezza; il nero mai usato, pentimento; l’avorio invece  preannuncia una vita turbolenta; il marrone e il grigio indicavano  che gli sposi sarebbero andati  a vivere lontano o in campagna; il rosa prediceva  una perdita economica. Anticamente era indossato dalle spose non più vergini o nelle seconde nozze, come spesso si fa anche oggi; il rosso era ed è desiderio e passione; il giallo mancanza di stima da parte della sposa. Gli invitati erano  tenuti a evitare il colore bianco per il loro abbigliamento, come erano  tenuti, per tradizione e per disgrazia , a evitare il nero qualora vi  fosse stato chi portando il lutto stretto, avrebbe fatto fatica a toglierlo in quel giorno particolare di festa, anche se era ed è oggi, un colore molto di moda in particolare nel mondo giovanile, soprattutto nei ricevimenti serali.  Nella tradizione antica ischitana, si voleva  che il giorno delle nozze la sposa portasse  con sé: una cosa vecchia: a simboleggiare   il passato, la vita antecedente al matrimonio e la sua importanza. Ogni sposa avrebbe indossato un oggetto appartenente al proprio passato per non dimenticarlo nel nuovo cammino che andava  a intraprendere; una cosa nuova: era  simbolo della vita che sta per cominciare e delle nuove sfide che porterà con sé; una cosa prestata: sarebbe stata una persona cara a prestare quest’oggetto, a simboleggiare che le persone care restano vicine anche nel passaggio dal vecchio al nuovo; una cosa regalata: avrebbe simboleggiato l’affetto delle persone che si amano; una cosa blu: avrebbe indicato sincerità e purezza da parte della sposa. Da tradizione, di questo colore era  la giarrettiera, indossata nel caso di gonne ampie e lunghe. Il futuro marito non poteva  vedere il vestito da sposa prima della cerimonia: farlo avrebbe portato sfortuna. Del resto si pensa così anche oggi. Per quanto riguarda gli anniversari va detto che  la tradizione ha assegnato particolari denominazioni agli anniversari di matrimonio, soprattutto con il crescere dell’importanza commerciale della festa. Le principali ricorrenze festeggiate sono il 25º anniversario, denominato nozze d’argento, e il 50º anniversario, che prende il nome di nozze d’oro.

                                                                                                            michelelubrano@yahoo.ii

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DI ANTONIO LUBRANO

Ottobre 2024 , tempo di matrimoni sull’isola, oggi come ieri. Ed anche tempo di ricordi nostalgici. Il lancio dei confetti agli sposalizi ad Ischia per il passato, ha rappresentato  il primo ed unico richiamo per i ragazzi “scugnizzi” delle contrade nei vari comuni isolani. Vi accorrevano sicuri di fare bottino pieno di tutti i confetti che venivano riversati addosso agli sposi del loro quartiere lungo il percorso del corteo nuziale, dall’abitazione della sposa fino alla chiesa, ed in particolare all’uscita, dopo la cerimonia religiosa, sui sagrati delle chiese stesse. In quel preciso luogo, prendevano corpo vere e proprie ammucchiate di ragazzini, che, carponi,  fra i piedi degli sposi e degli invitati da prima fila,  si producevano in un’ arrembante  e  affannosa caccia all’ultimo confetto rimasto per terra o nascosto sotto il velo a strascico della sposa felice e compiacente per quel ormai frequente spettacolo. I confetti lanciati da finestre e balconi del primo piano e dal piano terra, lungo il percorso del corteo a piedi o con i taxi tirati a lucido per la speciale occasione, erano  posti in vassoi o guantiere d’argento, ricoperte del classico fazzoletto di lino antico ricamato e merlettato. Era la tradizionale e colorita usanza, messa in atto dalle famiglie della zona da dove proveniva la sposa o lo sposo per il doveroso omaggio alla giovane o al giovane rampollo che dava l’addio al celibato ed agli abituali amici e conoscenti del rione. Una specie di saluto da commedia, che gli sposi al passaggio, dimostravano di gradire, alzando le mani e rispondendo a loro volta al gesto augurale inscenato per amicizia e simpatia nei loro riguardi. Tutto questo accadeva intensamente dalle nostre parti negli anni ’40 e ’50, quando i confetti bianchi da soli, stimolavano l’interesse fanciullesco dei ragazzi del quartiere il  sabato e la domenica, giorni  solitamente utilizzati per le feste nuziali nel  paese, per le strade ed in chiesa avvolti tutti in un appetibile clima di festa popolare. I mesi preferiti per tradizione, per lo più, erano ottobre, prima decade di dicembre e marzo, ma in special modo ottobre. Così si pensava e si agiva nella semplicità di quei tempi andati, dove quei confetti raccolti  nella strada agli sposalizi costituivano un dolce ed avido alimento per i cosiddetti “scugnizzi” ischitani, a quel tempo, privi di tante cose. Oggi è tutta un’altra storia. Quei ragazzi di contrada che facevano gruppo per dividersi l’ultimo confetto raccolto per terra sotto l’abito bianco a strascico della sposa all’uscita dalla chiesa o salvatosi dalle ruote pesanti dei taxi del corteo nuziale, non vi sono più. Sono diventati padri, zii, nonni con tutto un carico di ricordi con i quali vale la pena di continuare a vivere. Ricordi che non si riducono  ai soli confetti raccolti per terra in occasione di quegli indimenticabili sposalizi del quartiere, ma  anche a tutto quanto è accaduto dopo, nella vita che è seguita. Finisce un’epoca e ne incomincia un’altra, più “aperta” e complessa  con nuove usanze, diversa visione della vita, nozze senza veletta della purezza, matrimoni anticonvenzionali, coppie di fatto, unioni civili, matrimoni gay e libere adozioni. Un misto di “conquiste” che per tante di loro  non sempre finisce bene. E la lista potrebbe continuare. Percorriamo strade di un mondo nuovo, dove per  fortuna non si avverte la percezione che vada in  un’unica direzione, verso un anticonformismo assoluto ed appiattito su distorsioni di fatti e di pensiero  ed anomalie fisiologiche ed esistenziali. Noi siamo  connotati da quest’altra parte della barricata , dove  c’è una società più a portata dei nostri valori ed ideali di vita in cui ci fa piacere constatare, almeno per ciò che ci riguarda, che gli sposi naturalmente, storicamente e tradizionalmente, sono un uomo ed una donna con gli abiti belli del rito di sempre: la donna con l’abito bianco e velo a strascico e l’uomo con l’abito scuro che realizzano  insieme il primo grande sogno della propria vita con l’altare, la chiesa, i fiori d’arancio, gli immancabili confetti non più raccolti per terra da ragazzi discoli ed intraprendenti, il sacerdote ed il suo sermone, gli anelli, la benedizione, il servizio  filmato e fotografico da set cinematografico con l’immancabile Drone  gli invitati, la location di grido per il festino, la festa nuziale finale con tanti, tanti invitati. Quindi mettendo al confronto i due modi di convolare a nozze, quello  di 60 anni fa e quello dell’era corrente, vincono la ricchezza, il colore, le idee, il fascino e tutto il movimento dell’apparato organizzativo che ruota con i comprimari compresi intorno alla celebrazione di un matrimonio d’oggi col rito civile prima e religioso dopo, che a buona ragione, considerato l’impegno che occorre e quello che può costare in euro, non  è affatto uno…scherzo.

 

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