di ANTONIO LUBRANO
I DESTINI DELL’ANIMALE DOMESTICO PIU’ AMATO E RICHIESTO Ad Ischia il coniglio selvatico era un tempo l’animale davvero più diffuso. Lo è anche oggi, solo che viene dai vasti allevamenti della terra ferma. Lo storico ischitano dell’800 il foriano Giuseppe D’Ascia, nei suoi manoscritti, sosteneva che ” l’isola ne era infestata quando la colonia dei Siciliani venne a popolarla “, verso il 470 A.C. Quando I sovrani Aragonesi e i marchesi D’Avalos del Vasto allocati sul Castello di Ischia e nella Torre chiamata dopo di Michelangelo, spesso andavano a caccia di conigli leporini nei boschi del Cretaio, di Serrara e di Fontana.
Si punta al coniglio di origine controllata (DOC) per riappacificarsi col passato e con le vecchie usanze contadine
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di ANTONIO LUBRANO
L’isola d’Ischia versa lacrime sulle sue tradizioni perdute. Il coniglio di fosso è una di queste e vede la sua crisi nell’indifferenza dell’agricoltore isolano di oggi, ammesso che ve ne sia rimasto uno che ha a cuore le sorti dei suoi terreni beneficiati in immeritevole eredità, nel senso che non ha nessun rispetto per il nobile mestiere di famiglia per il quale hanno dato l’anima il proprio padre ed i propri nonni. A dispiacersi più di tanto quindi, non sono i contadini rimasti tali dell’entroterra isolana; lo sono invece quegli ischitani che avrebbero voluto che certe tradizioni di bello spirito campagnolo, non si fossero estinte, diciamo così per abbandono del campo. L’isola ha conosciuto il coniglio selvatico a cui prestava attenzione e cura, anche perché rappresentava, una volta ammazzato, l’alimento più gustoso e principale della festa e delle altre occasioni speciali di tutte le faglie ischitane, dalla campagna fino al mare. Ad ischia il coniglio selvatico era un tempo l’animale davvero più diffuso. Lo è anche oggi, solo che viene dai vasti allevamenti della terra ferma. Lo storico ischitano D’Ascia, nei suoi manoscritti, sosteneva che ” l’isola ne era infestata quando la colonia dei Siciliani venne a popolarli “, verso il 470 A.C. Due erano le differenze: il coniglio leporino ( con caratteri simili a quelli della lepre ) e il coniglio sorcino. I sovrani Aragonesi e i marchesi del Vasto allocati sul Castello di Ischia e nella Torre chiamata dopo di Michelangelo, spesso andavano a caccia di conigli leporini nella zona di Serrara e di Fontana. Oggi del coniglio selvatico c’è poca traccia ( presenze a Piano Liguori, a San Pancrazio, sul Cretaio e in zona Frassitelli ) e molte famiglie che abitano in campagna lo allevano prevalentemente in gabbia per uso proprio, alimentandolo quasi del tutto con mangimi industriali. In passato, quando però, i conigli si allevavano in fossi scavati nel terreno a circa due metri di profondità, la pratica di allevamento naturale era tutt’altra cosa. Il fosso per lo più era affiancato alla cantina. Perfino l’alimentazione dell’animale era naturale, fatta peraltro delle stesse erbe
fresche e selezionate, ricavate dalla pulizia dei propri campi. L’idea di rilanciare la pratica del coniglio di fosso, a dire la verità sull’isola, in un certo modo esiste. Per ora chi ce l’ha, lo fa solo per mire propagandistiche per carpire la buona fede di ischitani stessi e turisti ingenui. I contadini delle campagne isolane dei primi del ‘900 Per catturare facilmente un coniglio nel fossato usavano metodi che potrebbero essere ripresi oggi se si dovesse tornare ad attivare gli antichi e tradizionali fossi. Agivano così: quando i conigli uscivano dai cunicoli per mangiare l’erba, questi li catturavano chiudendone l’imboccatura. Lateralmente ad essa erano fissati due paletti sui quali veniva fatta scivolare una tavola che, trattenuta dai paletti, ostruiva l’ingresso, impedendo la fuga dei conigli all’interno dei cunicoli e permettendone quindi facilmente la cattura. Ad ischia si vuole suggerire e promuovere questo antico ma valido metodo di allevamento del coniglio. Allevamenti non in gabbia ma in fossi appositamente predisposti in terreno, poco roccioso, che possa permettere all’animale di esplicare la sua naturale vocazione allo scavo di cunicoli al cui interno, protetto dalle alte e basse temperature, dall’umidità ed anche da predatori, forma colonie con la tipica dinamica gerarchica al cui vertice ritroviamo il maschio dominante. A dire il vero, qualche fosso a Ischia è stato riattivato, ma solo a scopo dimostrativo Essi erano stati abbandonati perché sostituiti dal sistema in gabbia, molto più pratico ma certamente meno naturale e fisiologico. I conigli di fosso vivono in terreni a loro congeniali in cui possano scavare e nei quali costruiscono il sistema di gallerie o cunicoli che servono anche da riparo dal freddo, dal sole, dal caldo e dalle piogge. Per i conigli da fosso l’habitat dell’isola verde è l’ideale per una certa metodologia di allevamento. Infatti essa va osservata in ambiente del tutto naturale, caratterizzato dai fossi esposti al clima e ai venti che l’isola vanta. Ischia risponde perfettamente alle esigenze tipiche della specie. I conigli non sono soggetti a forzature alimentari, a stress ambientali e/o a sofisticazioni ormonali, e si nutrono esclusivamente, dopo lo svezzamento, con alimenti naturali ed essenze spontanee peculiari dell’habitat caratteristico della nostra isola. Sfruttare questi requisiti, può essere la strada verso la riabilitazione dei fossi di coniglio che ai nostalgici della tradizione ed agli intenditori dei buon coniglio mancano per davvero. Sul piano industriale la pratica dell’allevamento dei conigli in capaci gabbioni può essere necessaria ed insostituibile, ma il coniglio, cresciuto nel suo habitat più naturale, ossia il fosso, per l’uso di famiglia e magari, a particolare richiesta in un ristorante dell’isola, è decisamente un’altra cosa.
ANTONIO LUBRANO