§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
Servizio Speciale
di ANTONIO LUBRANO & MICHELE LUBRANO
Con Fotoricerca
di GIOVAN GIUSEPPE LUBRANO
Fotoreporter
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
IL VECCHIO “CORDIALE” CHE LE NUOVE GENERAZIONI NON CONOSCONO
NON SI PUÒ DIRE CHE IL ROSOLIO SIA SCOMPARSO DEL TUTTO, NONOSTANTE STIANO IN CAMPO SULL’ISOLA ALTRI TIPI DI LIQUORI COME L’AMARISCHIA E IL RUCOLINO, IL SECONDO PIÙ DIFFUSO DEL PRIMO, SPECIE NELLE FESTE IMPORTANTI DELL’ANNO COME IL NATALE E LA PASQUA. IL ROSOLIO È TIPICO PER I SUOI COLORI E LA VARIETÀ DI BOTTIGLIE PARTICOLARI CHE LO CONTENGONO. HA IL SAPORE E L’ASPETTO DELL’ANTICO CON UNA PRESENZA IN PASSATO DOMINANTE NELLE CASE ISOLANE. IL ROSOLIO, NON PER NIENTE DETTO ANCHE “LIQUORE DEL PASSATO”, DERIVA IL SUO NOME DA ROS SOLIS, OSSIA, “RUGIADA DEL SOLE”; HA ORIGINI PER L’APPUNTO MOLTO ANTICHE, RISALENTI AL PERIODO CHE VA TRA LA FINE DEL ‘600 E L’INIZIO DEL ‘700
Era il liquore di casa che meglio si gradiva, specie quello a menta
IL ROSOLIO E LA RICETTA DELLA NONNA: LA SUA PRIMA “USCITA” A NATALE E CAPODANNO SERVITO NEI CLASSICI BICCHIERINI COLORATI
DI MICHELE LUBRANO
Il rosolio nell’isola d’Ischia faceva concorrenza al vermuth nei migliori festini che si organizzavano in casa. Se ne consumava tanto per la scorta che ciascuna famiglia isolana possedeva. Lo fabbricavano nei tempi giusti al tepore dei loro focolari e lo si sfoggiava nei battesimi, nelle prime comunioni, nei matrimoni, Veniva servito agli invitati in bicchierini colorati appena dopo le “passate” dei dolci distinti in vario tipo. Era il liquore di casa che meglio si gradiva, specie quello a menta che era ritenuto un toccasana per le signore affette da improvviso raffreddore. Erano gli anni poveri del periodo bellico, prima e appena dopo, allorquando tutto ciò che realizzava in casa per le provviste familiari dell’isola aveva valore immenso. Il rosolio non è stata una creazione ischitana, fu importato dalla Sicilia in epoca abbastanza antica e fatto proprio con diverse “manipolazioni” attraverso l’uso di varie erbe dei nostri boschi e sopratutto di particolari rose di maggio e giugno quando sbocciano flagranti nei vari roseti. Negli anni ’30 e ’40, quando i festini nuziali erano condotti e seguiti dai dolcieri locali, questi provvedevano anche ai liquori di produzione propria che erano rappresentati dagli unici vermuth e rosolio con qualche presa d’ anice a richiesta. Ma tornando al liquore di casa del passato, rimangono storiche le classiche ricette della Nonna ossia della donna più vecchia di casa che attraverso il suo fiuto, la sua saggezza, la sua capacità di inventarsi lozioni e soluzioni da “laboratorio” e da cucina, lascia le sue ricette tramandate da madre in figlia, in nipote. Per il lavoro in casa e per ottenere un ottimo rosolio per fare concorrenza anche al Rucolino ed allo stesso Amarischia, la nonna…dall’aldilà suggerisce che serve un giardino proprio, dove le rose non vengono trattate con i crittogrami. Il periodo migliore è il mese di giugno: le rose sono al massimo,e non ancora bruciate dal sole estivo, i petali sono ben carnosi. Ingredienti consigliati: 300gr di petali di rose appena colte, 250 gr di alcol 90°, 250 gr di zucchero, 1/4 di acqua. La nonna consiglia di disporre i petali in un vaso di vetro a strati alternati con lo zucchero, lasciare risposare al sole fino a che lo zucchero non si è totalmente sciolto, aggiungere l’acqua e l’alcol, tappare di nuovo il vaso e far riposare in un luogo fresco e buio per 8 giorni. La nonna inoltre suggerisce di mettere al di sopra di una bottiglia da 1 litro e mezzo un imbuto o un vecchio panno di cotone bianco per filtrare. Passare il contenuto del vaso, attraverso l’imbuto con filtro, chiudere la bottiglia con un tappo di sughero. Per sigillare alla perfezione la bottiglia, accendere una candela, e far colare la cera sul tappo e lungo il bordo della bottiglia, in modo che risulta alla fine perfettamente sigillata. Dopo sei mesi il prodotto, ossia il rosolio, è pronto per il primo consumo a Natale e per tutto io periodo fesrtivo fino all’Epifania.
michelelubrano@yahoo.it
DI ANTONIO LUBRANO
Lontani sono i tempi in cui si preparava la bevanda con acqua frizzante e rosolio dalle varie essenze e colori per poi brindare per la venuta dell’anno nuovo. Ma prim’ancora Il rosolio era il liquore comune per tutte le occasioni festive e in special modo per Natale affiancato ai tipici dolci della tradizione natalizia quali il roccocò, i mutaccioli e le paste reali compresa la classica e gustosa cassata siciliana Il rosolio, ovvero il liquore di casa, a Ischia e non solo sull’isola, le nuove generazioni non lo conoscono, anche se in famiglia ne hanno sentito parlare dalla nonna e da qualche vecchia zia che lo realizzavano con le proprie mani ed i propri gusti in base alle essenze scelte. Nemmeno i giovani genitori ne sono a conoscenza salvo chi l’ha scoperto al cinema seguendo film come La banda degli onesti, dove Totò offre un bicchiere di rosolio al maresciallo, capo del figlio finanziere, o nel film Miseria e nobiltà, dove dietro Totò, che cerca di scattare una foto a due turisti, si intravedono le insegne del bar che offrono Sorbetti e Rosoli. Anche nella letteratura si parla del Rosolio quale liquore offerto soprattutto alle signore per il basso tasso alcolico. Infatti nel romanzo Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello si legge che a Mattia Pascal viene offerto un bicchiere di rosolio dalla vedova Pescatore, al posto del vermouth offertogli da Romilda. E perfino In un passo del romanzo Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, si legge che la principessa lascia un bicchiere di rosolio prima di una partenza e lo ritrova un anno dopo nello stesso posto in cui l’aveva lasciato. Ed ancora, si ha traccia del rosolio nel romanzo Le avventure di Pinocchio di Carlo Collodi del 1883, dove La Fata dai capelli turchini offre un confettoripieno di rosolio a Pinocchio, scena rappresentata anche nello sceneggiato Le avventure di Pinocchio di Luigi Comencini del 1972. Non sembra vero, ma è in atto una sorta di rilancio di questo prodotto casareccio che poi, visti i risultai presenti e da venire, tanto casareccio non è. Quindi non si può dire che il rosolio sia scomparso del tutto, nonostante stiano in campo sull’isola altri tipi di liquori come l’Amarischia e il Rucolino, il secondo più diffuso del primo, specie nelle feste importanti dell’anno come appunto il Natale ed anche la Pasqua. Il Rosolio è tipico per i suoi colori e il tipo di bottiglie particolari che lo contengono. Ha il sapore e l’aspetto dell’antico con una presenza in passato dominante nelle case isolane. Il rosolio, non per niente detto anche “liquore del passato”, deriva il suo nome da ros solis, ossia, “rugiada del sole”; ha origini per l’appunto molto antiche, risalenti al periodo che va tra la fine del ‘600 e l’inizio del ‘700, momento in cui entra in commercio lo zucchero raffinato. È ancora abbastanza diffuso soprattutto nel Sud Italia. In particolare, in Sicilia, dove, prodotto in casa, veniva offerto agli ospiti in segno di buon augurio. Ad Ischia insieme all’anice ed allo Strega era il liquore maggiormente in uso nelle famiglie di tutta l’isola. Inizialmente sul continente veniva preparato dalle suore che lo servivano per accogliere ospiti importanti nei conventi. Successivamente, però, è diventato il liquore delle signore per eccellenza, grazie al suo grado alcolico moderato (generalmente tra 25 e 35 % Vol). Era il più utilizzato per ogni tipo di festività familiare, dai battesimi ai fidanzamenti e, soprattutto, veniva offerto agli sposi novelli come buon augurio per una vita matrimoniale felice. Il rosolio classico è un tipo di liquore, o meglio una soluzione liquorosa, derivata dalla macerazione ed infusione alcolica di petali di rosa. Oggi, per chi non lo sapesse, e ci riferiamo ai giovani, che bevono altro tipo di drink, però, proprio seguendo il sistema di produzione originario, vengono prodotti innumerevoli tipi di rosoli, utilizzando erbe aromatiche o anche la frutta. In Sicilia da dove l’isola d’Ischia lo avrebbe importato, una particolare ricetta consigliava di prepararlo tenendo imbottigliati insieme per una settimana l’alcool (a cui erano stati precedentemente aggiunti le scorze di tre arance macerate per quaranta giorni e della vaniglia) e uno sciroppo realizzato semplicemente con zucchero e acqua. Sulla Murgia lucana e pugliese è possibile trovare moltissime varietà di erbe e piante selvatiche che danno origine a due differenti selezioni di rosoli: – Selezione Frutti speciali (gelso rosso, visciole e fico d’India), da servire sempre ghiacciati, anche da accompagnare ad un buon dolce, o a sorbetti e gelati bianchi – Selezione Erbe aromatiche selvatiche (salvia e limone, alloro, basilico, mente selvatiche, malva e santoreggia, finocchietto selvatico), ottimi a temperatura ambiente, freschi, ghiacciati e, addirittura, caldissimi/brulé, dato che il caldo libera gli oli essenziali che contengono. I rosoli, quindi, sono ottimi digestivi artigianali, da gustare da soli o, meglio ancora, in momenti conviviali.
lubranoantonio516@gmail,com
*******************************************************************
Il Servizio Speciale
è stato realizzato
Da ANTONIO LUBRANO & MICHELE LUBRANO
Con la Fotoricerca di
GIOVAN GIUSEPPE LUBRANO
Fotoreporter
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
Servizio Speciale
di ANTONIO LUBRANO & MICHELE LUBRANO
Con Fotoricerca
di GIOVAN GIUSEPPE LUBRANO
Fotoreporter
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
COPPIE DI SPOSI AD ISCHIA DAGLI ANNI ’30 AD OGGI E RICORDI STORICI DI “SCUGNIZZI” ISCHTANI A CACCIA DELL’ULTIMO CONFETTO SUI SAGRATI DELLE CHIESE ALL’ USCITA DEGLI SPOSI E DEGLI INVITATI
NEL 2020 FINO ALLO SCORSO MESE DI SETTEMBRE 2024, SONO STATI CELEBRATI IN ITALIA 226.70 MATRIMONI, CON 6.300 IN MENO RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE. SULL’ISOLA D’ISCHIA I MATRIMONI LO SCORSO ANNO FINO AD OGGI, SONO STATI 198 DI CUI UNA TRENTINA COL SOLO RITO CIVILE. PER LO PIÙ CI SI SPOSA SOTTO I 27 ANNI PER L’UOMO E SOTTO I 24 ANNI PER LA DONNA. DIMINUITI I MATRIMONI CON STRANIERI NON NATI SULL’ISOLA, SIA DA PARTE DELL’UOMO CHE DELLA DONNA. AUMENTATI I MATRIMONI FRA ISOLANI DI PROVENIENZA DA COMUNE DIVERSO. DALLO SCORSO ANNO FINO AD OGGI 15 SONO STATI I MATRIMONI TRA PERSONE NON DI ISCHIA CHE HANNO SCELTO LA NOSTRA ISOLA PER CONVOLARE A NOZZE. CONTENUTO IL NUMERO DELLE SEPARAZIONI. INSOMMA IL QUADRO DI STABILITÀ DEI NOSTRI SPOSI È ABBASTANZA RASSICURANTE E NON PROMETTE IMPENNATE NEGATIVE. LA CHIESA DI ISCHIA CON I SUOI INCONTRI, CONVEGNI, CAMMINI NELLA FEDE E NELLO SPIRITO E VISITE PASTORALI ALLE PARROCCHIE DELL’ISOLA DEL VESCOVO DI ISCHIA MONS. CARLO VILLANO RAPPRESENTA EVIDENTE PUNTO DI RIFERIMENTO PER LA NOSTRA GIOVENTÙ CHE INTENDE SEMPRE PIÙ CAMBIARE, APPRENDERE, MISURARSI
La Giarrettiera rimane l’indumento intimo a cui le spose sono ancora… affezionate
PASSATO DA INCUBO PER LE SPOSE DELLA VECCHIA ISCHIA COSTRETTE A SEGUIRE ANTICHE CREDENZE, SUPERSTIZIONI E TRADIZIONI “”IRRINUNCIABILI”
Gli invitati alla di festa di nozze erano tenuti a evitare il colore bianco per il loro abbigliamento, come erano tenuti, per tradizione e per disgrazia , a evitare il nero qualora vi fosse stato chi portando il lutto stretto, avrebbe fatto fatica a toglierlo in quel giorno particolare di festa. L’abito da sposa rosso (raro) era ed è considerato segno di desiderio e passione
DI MICHELE LUBRANO
Nei primi del novecento, sull’Isola d’Ischia specie nell’entroterra, l’abbigliamento della sposa era oggetto di tradizioni, superstizioni e credenze, a partire dal colore: il più comune era ed è tutt’ora il bianco, simbolo di purezza e ritenuto fortunato; il blu raramente usato, indicava sincerità da parte della sposa; il turchese lo si giudicava gradevole ed aristocratico; il verde timidezza; il nero mai usato, pentimento; l’avorio invece preannuncia una vita turbolenta; il marrone e il grigio indicavano che gli sposi sarebbero andati a vivere lontano o in campagna; il rosa prediceva una perdita economica. Anticamente era indossato dalle spose non più vergini o nelle seconde nozze, come spesso si fa anche oggi; il rosso era ed è desiderio e passione; il giallo mancanza di stima da parte della sposa. Gli invitati erano tenuti a evitare il colore bianco per il loro abbigliamento, come erano tenuti, per tradizione e per disgrazia , a evitare il nero qualora vi fosse stato chi portando il lutto stretto, avrebbe fatto fatica a toglierlo in quel giorno particolare di festa, anche se era ed è oggi, un colore molto di moda in particolare nel mondo giovanile, soprattutto nei ricevimenti serali. Nella tradizione antica ischitana, si voleva che il giorno delle nozze la sposa portasse con sé: una cosa vecchia: a simboleggiare il passato, la vita antecedente al matrimonio e la sua importanza. Ogni sposa avrebbe indossato un oggetto appartenente al proprio passato per non dimenticarlo nel nuovo cammino che andava a intraprendere; una cosa nuova: era simbolo della vita che sta per cominciare e delle nuove sfide che porterà con sé; una cosa prestata: sarebbe stata una persona cara a prestare quest’oggetto, a simboleggiare che le persone care restano vicine anche nel passaggio dal vecchio al nuovo; una cosa regalata: avrebbe simboleggiato l’affetto delle persone che si amano; una cosa blu: avrebbe indicato sincerità e purezza da parte della sposa. Da tradizione, di questo colore era la giarrettiera, indossata nel caso di gonne ampie e lunghe. Il futuro marito non poteva vedere il vestito da sposa prima della cerimonia: farlo avrebbe portato sfortuna. Del resto si pensa così anche oggi. Per quanto riguarda gli anniversari va detto che la tradizione ha assegnato particolari denominazioni agli anniversari di matrimonio, soprattutto con il crescere dell’importanza commerciale della festa. Le principali ricorrenze festeggiate sono il 25º anniversario, denominato nozze d’argento, e il 50º anniversario, che prende il nome di nozze d’oro.
michelelubrano@yahoo.ii
DI ANTONIO LUBRANO
Ottobre 2024 , tempo di matrimoni sull’isola, oggi come ieri. Ed anche tempo di ricordi nostalgici. Il lancio dei confetti agli sposalizi ad Ischia per il passato, ha rappresentato il primo ed unico richiamo per i ragazzi “scugnizzi” delle contrade nei vari comuni isolani. Vi accorrevano sicuri di fare bottino pieno di tutti i confetti che venivano riversati addosso agli sposi del loro quartiere lungo il percorso del corteo nuziale, dall’abitazione della sposa fino alla chiesa, ed in particolare all’uscita, dopo la cerimonia religiosa, sui sagrati delle chiese stesse. In quel preciso luogo, prendevano corpo vere e proprie ammucchiate di ragazzini, che, carponi, fra i piedi degli sposi e degli invitati da prima fila, si producevano in un’ arrembante e affannosa caccia all’ultimo confetto rimasto per terra o nascosto sotto il velo a strascico della sposa felice e compiacente per quel ormai frequente spettacolo. I confetti lanciati da finestre e balconi del primo piano e dal piano terra, lungo il percorso del corteo a piedi o con i taxi tirati a lucido per la speciale occasione, erano posti in vassoi o guantiere d’argento, ricoperte del classico fazzoletto di lino antico ricamato e merlettato. Era la tradizionale e colorita usanza, messa in atto dalle famiglie della zona da dove proveniva la sposa o lo sposo per il doveroso omaggio alla giovane o al giovane rampollo che dava l’addio al celibato ed agli abituali amici e conoscenti del rione. Una specie di saluto da commedia, che gli sposi al passaggio, dimostravano di gradire, alzando le mani e rispondendo a loro volta al gesto augurale inscenato per amicizia e simpatia nei loro riguardi. Tutto questo accadeva intensamente dalle nostre parti negli anni ’40 e ’50, quando i confetti bianchi da soli, stimolavano l’interesse fanciullesco dei ragazzi del quartiere il sabato e la domenica, giorni solitamente utilizzati per le feste nuziali nel paese, per le strade ed in chiesa avvolti tutti in un appetibile clima di festa popolare. I mesi preferiti per tradizione, per lo più, erano ottobre, prima decade di dicembre e marzo, ma in special modo ottobre. Così si pensava e si agiva nella semplicità di quei tempi andati, dove quei confetti raccolti nella strada agli sposalizi costituivano un dolce ed avido alimento per i cosiddetti “scugnizzi” ischitani, a quel tempo, privi di tante cose. Oggi è tutta un’altra storia. Quei ragazzi di contrada che facevano gruppo per dividersi l’ultimo confetto raccolto per terra sotto l’abito bianco a strascico della sposa all’uscita dalla chiesa o salvatosi dalle ruote pesanti dei taxi del corteo nuziale, non vi sono più. Sono diventati padri, zii, nonni con tutto un carico di ricordi con i quali vale la pena di continuare a vivere. Ricordi che non si riducono ai soli confetti raccolti per terra in occasione di quegli indimenticabili sposalizi del quartiere, ma anche a tutto quanto è accaduto dopo, nella vita che è seguita. Finisce un’epoca e ne incomincia un’altra, più “aperta” e complessa con nuove usanze, diversa visione della vita, nozze senza veletta della purezza, matrimoni anticonvenzionali, coppie di fatto, unioni civili, matrimoni gay e libere adozioni. Un misto di “conquiste” che per tante di loro non sempre finisce bene. E la lista potrebbe continuare. Percorriamo strade di un mondo nuovo, dove per fortuna non si avverte la percezione che vada in un’unica direzione, verso un anticonformismo assoluto ed appiattito su distorsioni di fatti e di pensiero ed anomalie fisiologiche ed esistenziali. Noi siamo connotati da quest’altra parte della barricata , dove c’è una società più a portata dei nostri valori ed ideali di vita in cui ci fa piacere constatare, almeno per ciò che ci riguarda, che gli sposi naturalmente, storicamente e tradizionalmente, sono un uomo ed una donna con gli abiti belli del rito di sempre: la donna con l’abito bianco e velo a strascico e l’uomo con l’abito scuro che realizzano insieme il primo grande sogno della propria vita con l’altare, la chiesa, i fiori d’arancio, gli immancabili confetti non più raccolti per terra da ragazzi discoli ed intraprendenti, il sacerdote ed il suo sermone, gli anelli, la benedizione, il servizio filmato e fotografico da set cinematografico con l’immancabile Drone gli invitati, la location di grido per il festino, la festa nuziale finale con tanti, tanti invitati. Quindi mettendo al confronto i due modi di convolare a nozze, quello di 60 anni fa e quello dell’era corrente, vincono la ricchezza, il colore, le idee, il fascino e tutto il movimento dell’apparato organizzativo che ruota con i comprimari compresi intorno alla celebrazione di un matrimonio d’oggi col rito civile prima e religioso dopo, che a buona ragione, considerato l’impegno che occorre e quello che può costare in euro, non è affatto uno…scherzo.
info@ischiamondoblog.com
****************************************************************
Il Servizio Speciale
è stato realizzato
Da ANTONIO LUBRANO & MICHELE LUBRANO
Con la Fotoricerca di
GIOVAN GIUSEPPE LUBRANO
Fotoreporter
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§
§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§