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LA FUNIVIA, STRUTTURA DEI PRIMI ANNI ’50, ASSOLUTA NOVITÀ PER L’ISOLA A QUEI TEMPI, FU STRAORDINARIA IMPRESA CHE VOLLE L’ING. MICANGELI DI ROMA
IL QUALE VENNE AD INVESTIRE SUOI CAPITALI SULL’ISOLA PER AMORE DI QUESTA TERRA CHE EGLI INSIEME AL SUA MOGLIE ANNA GIUDICAVA BELLISSIMA. INFATTI POCO DOPO, L’ING, MICANGELI ACQUISTÒ L’ALBERGO EXCELSIOR IN VIA GIANTURCO E RILEVÒ DALLA FAMIGLIA BARATTOLO IL VICINO CINEMA EXCELSIOR DI VIA SOGLIUZZO – LA PRESENZA DELLA PRIMA ED UNICA FUNIVIA AD ISCHIA STIMOLÒ LA FANTASIA CREATIVA DI ALTRI PROGETTISTI CHE IPOTIZZAVANO LA COSTRUZIONE DI UNA SECONDA FUNIVIA, DI UNA TERZA E PERFINO DI UNA QUARTA SULL’ISOLA, PER RAGGIUNGERE LA SOMMITÀ DEL MONTE EPOMEO DAI COMUNI DI CASAMICCIOLA E LACCO E FORIO. L’INTERESSAMENTO DELLO STORICO SINDACO D’ISCHIA VINCENZO TELESE
DI ANTONIO LUBRANO
Parlare di Funivia oggi a Ischia, può essere anacronistico, fuori luogo, dal momento che tutte le attenzioni di ischitani e turisti sono rivolte al costruendo chiacchierato parcheggio di Ischia Ponte della Siena il cui viatico edificatorio è irto di polemiche e preoccupazioni, per il semplice motivo che tarda ad essere ultimato, per il quale purtroppo si prevedono tempi ancora più lunghi con la colpevole complicià del Coune. Ma la storia è storia, specie se si tratta di strutture da cartolina che Ischia ha beneficiato agli inizi del suo boom economico e turistico di qualità fra gi anni’50 e ‘60. Parliamo della Funivia del Montagnone e della nostalgia che si ha ancora di essa. Ischia ebbe la prima ed unica funivia nei primi anni cinquanta. Collegò l’inizio di via Quercia a Porto d’Ischia con la sommità della Collina che domina il porto Borbonico, detta comunemente Collina del Montagnone. La funivia, assoluta novità per l’isola a quei tempi, fu impresa che volle l’ing. Micangeli di Roma che venne ad investire suoi capitali sull’isola per amore di questa terra che egli insieme al sua moglie Anna giudicava bellissima. Infatti poco,dopo l’ing, Micangeli acquistò l’albergo Excelsior in via Gianturco e rilevò dalla famiglia Barattolo il vicino Cinema Excelsior di via Sogliuzzo. Una funivia ad Ischia fu il suo sogno. E lo realizzò con la fortuna di non aver problema nel corso del lungo, ma non troppo, iter burocratico per ottenere concessioni e permessi vari, in attesa di stendere i primi cavi con i relativi piloni in acciaio. Gli spianò la strada l’allora sindaco di Ischia Vincenzo Telese con la sua Giunta amministrativa, che vedeva nell’impresa un chiaro, forte e concreto segnale per lo sviluppo turistica del Comune capoluogo, per il quale Telese tanto si prodigava affinchè i risultati arrivassero subito. Per Telese la funivia ad Ischia nel suo Comune, fu uno dei primi concreti risultati della sua politica mirata. Ed ebbe pienamente ragione, se si considera il valido ruolo che ricoprì la struttura negli anni in cui è stata in funzione, fino alla forzata sua demolizione. Grazie alla funivia, costituita da vari cestelli a due posti, attaccati a due grossi cavi sospesi in aria in salita e in discesa lungo tutto il pendio del Montagnone, fino alla cima, fu possibile scoprire il fascino dell’altezza e ammirare dalla quella posizione un panorama mozzafiato con il porto borbonico sullo sfondo e la distesa del mare fino all’0rizzonte con lo spettacolo della costa dirimpettaia quasi che la si potesse toccare con mano. La Funivia fu particolare scenario anche per alcune riprese dello storico film del 1957 “Vacanze a Ischia e di altri film ancora, come Suor Letizia con Anna Magnani nel 1956, un anno prima. Come il Castello Aragonese, la Torre di Michelangelo ed il Porto d’Ischia, la funivia divenne immagine fissa da riportare su cartoline per essere spedita con i saluti da Ischia in tutto il mondo. La presenza della prima ed unica funivia ad Ischia stimolò la fantasia creativa di altri progettisti che ipotizzavano la costruzione di una seconda funivia, di una terza e perfino di una quarta sull’isola, per raggiungere la sommità del Monte Epomeo. Riporto sull’argomento quanto scrissero l’allora sindaco d’Ischia Vincenzo Telese e la giornalista Ettta Comito su Il Mattino di Napoli degli anni ’50: “Dieci anni or sono – scrive Telese – il prof. Vittorio Immirzi progettò una funivia che, partendo da Porto, saliva al Monte Epomeo e scendeva a Sant’Angelo. Il percorso Porto d’Ischia – Epomeo – S. Angelo veniva coperto in soli 13 minuti. Fu costituita la società che doveva costruire e gestire la funivia e fu acquistata anche una zona di terreno, in Via Iasolino, da utilizzare per la stazione di partenza da Porto d’Ischia. Il progetto, tecnicamente perfetto, venne accantonato per difficoltà amministrative, sorte in seguito ad altre due iniziative concorrenti, miranti a costruire una funivia da Lacco Ameno al Monte Epomeo ed altra funivia da Casamicciola al Monte Epomeo Allo stato attuale esistono tre progetti di funivie: 1) Porto d’Ischia-Epomeo-S. Angelo; 2) Lacco Ameno-Epomeo; 3) Casamicciola-Epomeo. Nessuno dei tre progetti – concluse il sindaco di Ischia Vincenzio Telese – presenta, in questo momento, probabilità di realizzazione, nonostante il notevole incremento delle attività turistiche, termali e commerciali garantisca il migliore successo economico ad una iniziativa del genere”. In un altro articolo di Etta Comito infatti si legge il seguente passaggio: “C’è per esempio la famosa, annosa, discussa faccenda della funivia: tutti sono d’accordo nella necessità di impiantarla, ma visto che due sono i Comuni che essa toccherebbe, ecco la famosa, annosa, discussa faccenda dei piloni: questi piloni dovrebbero essere sette, quattro da una parte e tre dall’altra. Inutile dire che il comune al quale toccherebbero i tre, protesta vivacemente: perché a me tre ed a quell’altro quattro? E così non se ne fa niente. Salomonicamente si potrebbe risolvere la soluzione abolendo lo scoglio dei dispari e limitandosi per i piloni ad un equanime tre di qua e tre di là: non ho mai costruito ponti (ho troppe altre cose da fare) e quindi non sono certa se si possa costruirne uno con piloni in numero pari. La mia domanda, conclude Etta Comita de Il mattina, è rivolta agli esperti…” Alla fine della…storia, rimase solo la funivia del Montagnone, voluta ,
a far parte di diritto della storia passata della nostra isola.
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Il Servizio Speciale
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COPPIE DI SPOSI AD ISCHIA DAGLI ANNI ’30 AD OGGI E RICORDI STORICI DI “SCUGNIZZI” ISCHTANI A CACCIA DELL’ULTIMO CONFETTO SUI SAGRATI DELLE CHIESE ALL’ USCITA DEGLI SPOSI E DEGLI INVITATI
NEL 2020 FINO ALLO SCORSO MESE DI SETTEMBRE 2024, SONO STATI CELEBRATI IN ITALIA 226.70 MATRIMONI, CON 6.300 IN MENO RISPETTO ALL’ANNO PRECEDENTE. SULL’ISOLA D’ISCHIA I MATRIMONI LO SCORSO ANNO FINO AD OGGI, SONO STATI 198 DI CUI UNA TRENTINA COL SOLO RITO CIVILE. PER LO PIÙ CI SI SPOSA SOTTO I 27 ANNI PER L’UOMO E SOTTO I 24 ANNI PER LA DONNA. DIMINUITI I MATRIMONI CON STRANIERI NON NATI SULL’ISOLA, SIA DA PARTE DELL’UOMO CHE DELLA DONNA. AUMENTATI I MATRIMONI FRA ISOLANI DI PROVENIENZA DA COMUNE DIVERSO. DALLO SCORSO ANNO FINO AD OGGI 15 SONO STATI I MATRIMONI TRA PERSONE NON DI ISCHIA CHE HANNO SCELTO LA NOSTRA ISOLA PER CONVOLARE A NOZZE. CONTENUTO IL NUMERO DELLE SEPARAZIONI. INSOMMA IL QUADRO DI STABILITÀ DEI NOSTRI SPOSI È ABBASTANZA RASSICURANTE E NON PROMETTE IMPENNATE NEGATIVE. LA CHIESA DI ISCHIA CON I SUOI INCONTRI, CONVEGNI, CAMMINI NELLA FEDE E NELLO SPIRITO E VISITE PASTORALI ALLE PARROCCHIE DELL’ISOLA DEL VESCOVO DI ISCHIA MONS. CARLO VILLANO RAPPRESENTA EVIDENTE PUNTO DI RIFERIMENTO PER LA NOSTRA GIOVENTÙ CHE INTENDE SEMPRE PIÙ CAMBIARE, APPRENDERE, MISURARSI
La Giarrettiera rimane l’indumento intimo a cui le spose sono ancora… affezionate
PASSATO DA INCUBO PER LE SPOSE DELLA VECCHIA ISCHIA COSTRETTE A SEGUIRE ANTICHE CREDENZE, SUPERSTIZIONI E TRADIZIONI “”IRRINUNCIABILI”
Gli invitati alla di festa di nozze erano tenuti a evitare il colore bianco per il loro abbigliamento, come erano tenuti, per tradizione e per disgrazia , a evitare il nero qualora vi fosse stato chi portando il lutto stretto, avrebbe fatto fatica a toglierlo in quel giorno particolare di festa. L’abito da sposa rosso (raro) era ed è considerato segno di desiderio e passione
DI MICHELE LUBRANO
Nei primi del novecento, sull’Isola d’Ischia specie nell’entroterra, l’abbigliamento della sposa era oggetto di tradizioni, superstizioni e credenze, a partire dal colore: il più comune era ed è tutt’ora il bianco, simbolo di purezza e ritenuto fortunato; il blu raramente usato, indicava sincerità da parte della sposa; il turchese lo si giudicava gradevole ed aristocratico; il verde timidezza; il nero mai usato, pentimento; l’avorio invece preannuncia una vita turbolenta; il marrone e il grigio indicavano che gli sposi sarebbero andati a vivere lontano o in campagna; il rosa prediceva una perdita economica. Anticamente era indossato dalle spose non più vergini o nelle seconde nozze, come spesso si fa anche oggi; il rosso era ed è desiderio e passione; il giallo mancanza di stima da parte della sposa. Gli invitati erano tenuti a evitare il colore bianco per il loro abbigliamento, come erano tenuti, per tradizione e per disgrazia , a evitare il nero qualora vi fosse stato chi portando il lutto stretto, avrebbe fatto fatica a toglierlo in quel giorno particolare di festa, anche se era ed è oggi, un colore molto di moda in particolare nel mondo giovanile, soprattutto nei ricevimenti serali. Nella tradizione antica ischitana, si voleva che il giorno delle nozze la sposa portasse con sé: una cosa vecchia: a simboleggiare il passato, la vita antecedente al matrimonio e la sua importanza. Ogni sposa avrebbe indossato un oggetto appartenente al proprio passato per non dimenticarlo nel nuovo cammino che andava a intraprendere; una cosa nuova: era simbolo della vita che sta per cominciare e delle nuove sfide che porterà con sé; una cosa prestata: sarebbe stata una persona cara a prestare quest’oggetto, a simboleggiare che le persone care restano vicine anche nel passaggio dal vecchio al nuovo; una cosa regalata: avrebbe simboleggiato l’affetto delle persone che si amano; una cosa blu: avrebbe indicato sincerità e purezza da parte della sposa. Da tradizione, di questo colore era la giarrettiera, indossata nel caso di gonne ampie e lunghe. Il futuro marito non poteva vedere il vestito da sposa prima della cerimonia: farlo avrebbe portato sfortuna. Del resto si pensa così anche oggi. Per quanto riguarda gli anniversari va detto che la tradizione ha assegnato particolari denominazioni agli anniversari di matrimonio, soprattutto con il crescere dell’importanza commerciale della festa. Le principali ricorrenze festeggiate sono il 25º anniversario, denominato nozze d’argento, e il 50º anniversario, che prende il nome di nozze d’oro.
michelelubrano@yahoo.ii
DI ANTONIO LUBRANO
Ottobre 2024 , tempo di matrimoni sull’isola, oggi come ieri. Ed anche tempo di ricordi nostalgici. Il lancio dei confetti agli sposalizi ad Ischia per il passato, ha rappresentato il primo ed unico richiamo per i ragazzi “scugnizzi” delle contrade nei vari comuni isolani. Vi accorrevano sicuri di fare bottino pieno di tutti i confetti che venivano riversati addosso agli sposi del loro quartiere lungo il percorso del corteo nuziale, dall’abitazione della sposa fino alla chiesa, ed in particolare all’uscita, dopo la cerimonia religiosa, sui sagrati delle chiese stesse. In quel preciso luogo, prendevano corpo vere e proprie ammucchiate di ragazzini, che, carponi, fra i piedi degli sposi e degli invitati da prima fila, si producevano in un’ arrembante e affannosa caccia all’ultimo confetto rimasto per terra o nascosto sotto il velo a strascico della sposa felice e compiacente per quel ormai frequente spettacolo. I confetti lanciati da finestre e balconi del primo piano e dal piano terra, lungo il percorso del corteo a piedi o con i taxi tirati a lucido per la speciale occasione, erano posti in vassoi o guantiere d’argento, ricoperte del classico fazzoletto di lino antico ricamato e merlettato. Era la tradizionale e colorita usanza, messa in atto dalle famiglie della zona da dove proveniva la sposa o lo sposo per il doveroso omaggio alla giovane o al giovane rampollo che dava l’addio al celibato ed agli abituali amici e conoscenti del rione. Una specie di saluto da commedia, che gli sposi al passaggio, dimostravano di gradire, alzando le mani e rispondendo a loro volta al gesto augurale inscenato per amicizia e simpatia nei loro riguardi. Tutto questo accadeva intensamente dalle nostre parti negli anni ’40 e ’50, quando i confetti bianchi da soli, stimolavano l’interesse fanciullesco dei ragazzi del quartiere il sabato e la domenica, giorni solitamente utilizzati per le feste nuziali nel paese, per le strade ed in chiesa avvolti tutti in un appetibile clima di festa popolare. I mesi preferiti per tradizione, per lo più, erano ottobre, prima decade di dicembre e marzo, ma in special modo ottobre. Così si pensava e si agiva nella semplicità di quei tempi andati, dove quei confetti raccolti nella strada agli sposalizi costituivano un dolce ed avido alimento per i cosiddetti “scugnizzi” ischitani, a quel tempo, privi di tante cose. Oggi è tutta un’altra storia. Quei ragazzi di contrada che facevano gruppo per dividersi l’ultimo confetto raccolto per terra sotto l’abito bianco a strascico della sposa all’uscita dalla chiesa o salvatosi dalle ruote pesanti dei taxi del corteo nuziale, non vi sono più. Sono diventati padri, zii, nonni con tutto un carico di ricordi con i quali vale la pena di continuare a vivere. Ricordi che non si riducono ai soli confetti raccolti per terra in occasione di quegli indimenticabili sposalizi del quartiere, ma anche a tutto quanto è accaduto dopo, nella vita che è seguita. Finisce un’epoca e ne incomincia un’altra, più “aperta” e complessa con nuove usanze, diversa visione della vita, nozze senza veletta della purezza, matrimoni anticonvenzionali, coppie di fatto, unioni civili, matrimoni gay e libere adozioni. Un misto di “conquiste” che per tante di loro non sempre finisce bene. E la lista potrebbe continuare. Percorriamo strade di un mondo nuovo, dove per fortuna non si avverte la percezione che vada in un’unica direzione, verso un anticonformismo assoluto ed appiattito su distorsioni di fatti e di pensiero ed anomalie fisiologiche ed esistenziali. Noi siamo connotati da quest’altra parte della barricata , dove c’è una società più a portata dei nostri valori ed ideali di vita in cui ci fa piacere constatare, almeno per ciò che ci riguarda, che gli sposi naturalmente, storicamente e tradizionalmente, sono un uomo ed una donna con gli abiti belli del rito di sempre: la donna con l’abito bianco e velo a strascico e l’uomo con l’abito scuro che realizzano insieme il primo grande sogno della propria vita con l’altare, la chiesa, i fiori d’arancio, gli immancabili confetti non più raccolti per terra da ragazzi discoli ed intraprendenti, il sacerdote ed il suo sermone, gli anelli, la benedizione, il servizio filmato e fotografico da set cinematografico con l’immancabile Drone gli invitati, la location di grido per il festino, la festa nuziale finale con tanti, tanti invitati. Quindi mettendo al confronto i due modi di convolare a nozze, quello di 60 anni fa e quello dell’era corrente, vincono la ricchezza, il colore, le idee, il fascino e tutto il movimento dell’apparato organizzativo che ruota con i comprimari compresi intorno alla celebrazione di un matrimonio d’oggi col rito civile prima e religioso dopo, che a buona ragione, considerato l’impegno che occorre e quello che può costare in euro, non è affatto uno…scherzo.
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